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Abbiamo accolto, in casa con noi, ed inserito nel nostro piccolo
branco, un cane da pastore tedesco, abbandonato in un canile perché
‘eccessivamente aggressivo con la sua famiglia’.
Paolo l’ha conosciuto nel periodo lavorativo, trascorso
al canile municipale di Roma. Era stato consegnato alle autorità
di competenza, dai suoi stessi proprietari. Bruce, dopo quattro
anni di vita in famiglia – così ci è stato
dato di credere – un giorno, rovinò la sua ira sulla
padrona di casa, costringendola al ricovero ospedaliero. Voci
di popolo erano propense alla soppressione dell’animale,
ma un medico veterinario del canile, disse che assolutamente non
v’erano presupposti per un atto del genere, in quanto, il
cane, era solo confuso per assenza di regole – mancanza
di un punto di riferimento -. |
Una
ragazza che lavorava nel settore ove Bruce era rinchiuso, iniziò
il viaggio verso la rieducazione. Dapprima si comportò
con lui in maniera indifferente. Entrava nel suo box per le pulizie
giornaliere, lo faceva uscire nel cortiletto antistante ad esso,
lo faceva rientrare per farlo mangiare e, posata la ciotola a
terra, se ne andava. Questo suo comportamento, è stato
per Bruce, un insieme di segnali non confidenziali dettati da
un essere superiore. La postura di una persona che non concede
intimità, è di fatto una postura fiera, propria
di un essere che non ha bisogno di nulla, tanto meno di dimostrarlo
con atti diversi. Agli occhi di un cane che cercava solo sicurezza,
Laura – è il nome della ragazza – è
stata il primo punto fermo della sua vita. I giorni passavano
e i due, attimo dopo attimo, imparavano a conoscersi. |
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I
loro odori divenivano familiari, le piccole gentilezze affioravano,
fino ad arrivare al momento tanto atteso delle feste e delle carezze.
Laura non fece mai l’errore di cadere nei tranelli della
compassione e trattò Bruce mantenendo, sempre, un certo
decoro nella persona. Poi accadde che un giorno, chiese a Paolo
di accompagnarla da lui, era ansiosa di farglielo conoscere. In
tutto il canile, solo lei, un suo collega e il veterinario che
lo aveva visitato all’arrivo, gli si avvicinavano, nessun
altro. Questo recava dispiacere a Laura, perché non credeva
alla pericolosità attribuitagli dagli altri reparti. Bruce
non era pericoloso. Così Paolo venne presentato ‘alla
belva’. Anche in questa circostanza, la tranquillità
di Laura è stata determinante. Vedendola serena, Bruce
capì che la persona che accompagnava la sua amica, non
era un pericolo. Da quel giorno, ogni giorno Paolo non mancò
di andare a salutare quel cane… il resto è storia.
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Dopo
qualche tempo, Bruce era a casa con noi.
Quel pomeriggio, la visita di Paolo era fuori dal solito orario,
Bruce lo guardò intensamente e capì che c’era
qualcosa di diverso nell’atteggiamento del suo amico. Indossò
il guinzaglio e, nei corridoi cominciò ad assumere un portamento
diverso, fiutò l’idea di non essere più un
cane di canile, di avere una famiglia – certamente non sapeva
quanto numerosa fosse, ma di certo non credo gli importasse più
di tanto -. Arrivati nel piazzale dell’edificio, Paolo si
diresse verso la macchina, Bruce iniziò a tirare, ormai
era certo, finalmente era un cane libero, il lungo periodo di
prigionia era finito. Saltò velocemente nel trasportino
e vi si sdraiò, per nulla al mondo ve ne sarebbe più
uscito. |
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A
casa si è sempre comportato in maniere egregia; all’inizio
era difficile staccargli l’attenzione da Paolo, ma poi,
prendendo confidenza con tutti noi, iniziò a rilassarsi.
Una nota curiosa, annotata in un foglietto vagante, è questa:
appena le creature con trascorsi non proprio felici, mettono piede
in giardino, abbiamo l’abitudine di cambiargli nome, è
come se il loro passato venisse cancellato – è un
po’ come, se volessimo, cancellare il loro passato, per
cancellarne le amarezze – e, magia della sorte, si abituano
in un battibaleno alla nuova identità. Bruce è per
noi Jimbo, l’eroe Disneyano del ‘Pianeta del tesoro’. |
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Bruce era un cane che, con la sua prima famiglia, non aveva un
vero e proprio rapporto: viveva in giardino; quando non lo volevano
fra i piedi, lo legavano alla catena; spesso, per ragioni a noi
sconosciute, scappava da quel giardino, alla ricerca di…
non lo sappiamo… forse di comprensione?... fino al momento
in cui, stanco di quella vita, volle metter un punto alla catena
e, si ribellò…
Alcuni
attimi della vita di un cane molto equilibrato; un cane che non
ha avuto la fortuna di crescere in una famiglia che lo abbia amato;
un cane che ha sofferto la solitudine e, della quale, si porta
dentro qualche pauroso strascico. –
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